giovedì, settembre 09, 2010

IL CALEIDOSCOPIO

Quand’ero piccolo non ero un bambino esigente, non ero di quelli che quando si usciva coi genitori stavano lì a frignare tutto il tempo perché gli comprassero un giochino o qualcosa per cui ogni volta tornava a casa con una cosa nuova. No. Non ero affatto un bambino esoso, perciò quelle rare volte che chiedevo qualcosa, i miei mi esaudivano a lampo. Quindi non avevo intere carrettate di giocattoli, ma a quelli che avevo mi ci affezionavo come fossero parenti stretti. Il mio gioco preferito, il gioco della mia vita, quello col quale passavo delle ore intere è stato il caleidoscopio, uno di quei cannocchiali divisi in due stadi che vanno fatti roteare l’uno in opposizione all’altro, con dentro i vetrini colorati e un gioco di specchietti che crea una fantasmagoria di forme, di geometrie e di colori. Sì, perché ora l’ho capito come funziona, ora che sono cresciuto l’ho capito e mi chiedo perché sono cresciuto. Non potevo rimanere piccolo e continuare a guardare dentro il caleidoscopio, chiedendomi il perché e il percome di tanta meraviglia e stupirmi ad ogni nuova forma?
Comunque, ci ho pensato perché tempo fa mi trovavo con amici ad una fiera, di quelle che si fanno d’estate in ogni città, e in una bancarella di egiziani, tra le infradito di cuoio, i profumi dolciastri, i foulard con gli specchietti e gli scarabei turchese, ho avuto la mia solita epifania e ho visto un caleidoscopio. L’ho preso e ho cominciato a guardarci dentro e ci ho visto i triangolini, i prismi, le forme, le geometrie colorate ma ci ho visto anche un bambino di sette-otto anni coi capelli corti che si stupiva per delle cavolate, che guardava alle cose come fossero prodigi, e che, purtroppo, non ha conservato molto di allora.
Tant’è vero che quando gli altri m’hanno chiamato per andar via, invece di mandarli a quel paese e continuare a guardare fino a notte fonda, ho mollato il caleidoscopio, il mio caleidoscopio, e me ne sono andato.
Ridatemi il mio caleidoscopio e con lui la voglia di stupirmi delle cose e di chiederne il perché a mio fratello grande.