domenica, settembre 25, 2011

MIGUELITO E IL SOGNO DI LEO MESSI

Stazione di Josè Leòn Suarez, periferia di Buenos Aires. Ore 21:00.

- Miguel, Evita, correte.

- Arriviamo, papa.

- Su, sbrigatevi. Il treno sta partendo.

- Eccoci, papito.

- Tutte le sere la stessa storia.

- È colpa di Miguelito, papa. Ogni sera si ferma davanti alla vetrina di don Pedro Quintana a guardare il fútbol.

- Su, saliamo, parte il treno.

- Io non guardo il tbol.

- Sì, Miguel, lo guardi, invece, ogni sera lo guardi, ogni sera.

- No, Evita, Miguel non guarda il fútbol, ha ragione. Lui guarda Leo Messi.

- Vero. Bravo papito.

- Chi è Leo Messi?

- Che ne vuoi sapere tu di chi è Leo Messi. È un calciatore, il più bravo di tutti.

- Be’, il più bravo è Diego. Dai, sediamoci qui. Diego Armando Maradona. Mettili lì quei sacchi, Miguel. El pibe de oro.

- Era il più bravo, Diego, papito, adesso è Leo, la pulga. Lui è un mito. Ma che dici, tornerà in Argentina, un giorno, papito?

- Da dove?

- Zitta, dalla Spagna, zitta.

- Non so, speriamo torni.

- E quando verrà, mi porterai a vederlo?

- Questo è già più difficile. Però, sì, ti prometto che andremo a vederlo. Io, tu ed Evita. Anzi, ci portiamo pure la mama e Angelito, ok?

- Sì, sì, evviva. E poi mi compri la factura con dulce de leche, vero, papito? Ma dove andiamo? Chi andiamo a vedere?

- Ma sei sorda, Evita? Andiamo a vedere Leo Messi.

- Quando ci andiamo?

- Quando torna in Argen… Vabbè, niente, dai…

- Io da grande diventerò come Messi, vero, papa?

- Non so, speriamo. Sei molto bravo a calcio. Molto bravo per la tua età. Io a dodici anni ero una schiappa.

- Già, speriamo, così la smettiamo di fare i cartoneros.

- È un lavoro come gli altri, Miguel.

- Insomma!

- A me non piace, papito.

- Lo so, Evita, ma lo fai col tuo papà, non sei contenta?

- Sì, però…

- E poi sì che è un lavoro come gli altri, anzi, più utile di tanti altri. Se non ci fossimo noi cartoneros che alla sera raccogliamo la basura e la separiamo, non lo farebbe nessuno. Il Comune di Buenos Aires non fa la raccolta differenziata…

- Cos’è la raccolta differenziata?

- Quello che facciamo noi, Evita, separiamo la carta, il cartone, il vetro e la plastica e li portiamo a don Fidelio, che ci dà i soldi. Sennò finirebbe tutto nelle discariche e verrebbe bruciato insieme all’altra basura, quella umida.

- E gli hamburger, papa, che basura sono?

- Umida. Però quelli…

- … ce li mangiamo, ahahahah…

- Se non separassimo la basura, non guadagneremmo i soldini, non potremmo comprare da mangiare, non potremmo vestirci, mama non farebbe la spesa e tu non potresti andare a scuola.

- Domani ci posso andare a scuola, papito?

- Certo, Evita, perché no?

- Oggi non sono andata.

- Perché sei una dormigliona, ecco cosa sei.

- Papa, di’ a Miguel di smetterla.

- Fatela finita tutt’e due. Stamattina non sei andata a scuola?

- No, quando la mama mi ha svegliata avevo troppo sonno e…

- Col lavoro che facciamo…

- Papa, a scuola Pedro Gonzales e Manuel Aguirre mi prendono sempre in giro.

- Perché, tesoro mio?

- Perché dicono che dormo sempre.

- Può capitare a tutti di dormire.

- Dicono che dormo perché faccio la cartonera e la notte vado a lavorare. Dicono che sono povera.

- Meriterebbero una bella lezione, quei due.

- Miguel.

- Mi sa che un giorno passo dalla tua scuola, Evita, e ci vengo a parlare io con quei due cretini.

- Migue-el.

- Biglietti. Signori, biglietti.

- Ecco qua.

- Il solito furbo,eh?

- Nessuna furbizia, señor. Un adulto e due ragazzi.

- Nei treni dei cartoneros si paga tutti uguale, non dirmi che non lo sai, amigo. Senza eccezione.

- Ma è dovunque così, i ragazzi pagano il ridotto.

- Va bene, va bene, non ne parliamo più.

- Dove andiamo, papa?

- Come dove andiamo? In Patagonia.

- Sei uno scemo, Miguel. Dove andiamo stasera a raccogliere la basura?

- Oggi andiamo a Calle Florida, che ne dite?

- Sììì… Evviva. Calle Florida è il posto migliore. Si trovano persino gli hamburger e le empanadas.

- Calle Florida è il posto dello shopping. Il più bello di Buenos Aires.

- Che bello, evviva.

- È di origini italiane, Messi. Lo sapevi, Miguel?

- Sì, papa, come noi, vero?

- Noi siamo di origini italiane, papa?

- Sì, cara, noi veniamo dalla Sicilia…

- Cos’è la Sicilia?

- È un’isola italiana, ignorantona.

- Pa-paaa

- Piantala, Miguel, Evita non sa cos’è la Sicilia, glielo diciamo noi.

- Giusto, nonno Michele ci parlava sempre della Sicilia. Diceva che è un’isola molto grande e molto bella nel sud d’Italia.

- Io non mi ricordo di nonno Michele.

- No, Evita, se n’è andato qualche anno fa e tu eri molto piccola.

- Dov’è andato?

- È morto, stupida.

- Miguel.

- Tu sei nato nella Sicilia, papito?

- No, nonno Michele è nato in Sicilia. Poi, a quindici anni, è venuto in Argentina con tutta la famiglia. Sono arrivati in nave, dopo un lungo viaggio. Un giorno devo portarvi al museo dell’immigrazione, voglio farvi vedere dove arrivavano gli immigrati dall’Italia.

- Solo dall’Italia?

- No, non solo, anche da altre parti del mondo. Ma gli italiani sono stati i più numerosi. Ne arrivarono a decine di migliaia, da tutte le parti d’Italia, da Roma, Napoli, Palermo…

- Palermo è a Buenos Aires, papa.

- Palermo è un quartiere di Buenos Aires, sei troppo ignorante. Papa parla della città di Palermo, che è la capitale della Sicilia. Nonno Michele era di Palermo.

- Giusto, Miguel. La famiglia di Messi, invece, viene da Recanati, nel centro d’Italia, dove è nato un grande poeta.

- Ma non era un calciatore?

- Zitta. Lascia parlare papa.

- Leopardi, si chiamava il poeta. È uno dei più importanti della storia d’Italia. Ha scritto delle poesie bellissime.

- Senti, papito.

- Dimmi, tesoro.

- Ma se noi veniamo dall’Italia, perché non torniamo in Italia così smettiamo di fare i cartoneros?

- Non è così semplice, Evita.

- Perché, papito?

- Perché noi siamo argentini. Spostarsi per emigrare non è così semplice. E poi ho sentito che per ora in Italia non è un buon momento per chi vuole emigrare.

- Allora non ci vogliono, papa?

- Credo di no, Miguel. Mi sa che non ci vogliono. Se ci beccano ci respingono.

- Dove ci respingono?

- Ci respingono alla frontiera, Evita, ci ricacciano via. Dicono che siamo extracomunitari e quindi non possiamo entrare.

- Ec-stra-conu-mi-tari?

- Co-mu-ni-tari, Evita, extracomunitari. Vuol dire che non facciamo parte della loro comunità.

- Qual è la loro comunità?

- Quella europea. Noi siamo americani quindi non siamo europei, non siamo comunitari. Siamo extra-co-mu-ni-ta-ri.

- Allora non vogliono nemmeno Leo Messi? Anche lui è extracomunitaro.

- Comunitario, Miguel, non comunitaro. Anche Messi è extracomunitario però secondo me a lui lo vogliono.

- Perché fanno entrare un giocatore di fútbol e noi no, papito? È argentino extracomunitario come noi. Perché lui sì e noi no?

- Perché lui guadagna tanti soldi e tanti ne fa guadagnare.

- Perché non è cartonero, vero, papito?

- Certo, amore, non è cartonero. Ma anche noi non eravamo cartoneros.

- E poi?

- E poi in Argentina è scoppiato il caos…

- Cos’è il caos?

- C’è stato una bruttissima crisi economica e tante famiglie sono diventate povere.

- Anche noi, papito?

- Sì, Evita, purtroppo anche noi.

- E tu, papa, che lavoro facevi prima della crisi?

- Lavoravo in una banca. Molti di noi abbiamo perso il posto e da un giorno all’altro ci siamo ritrovati per la strada.

- Oooh!

- Scusi, señor, questo treno ferma alla stazione di Belgrano?

- Sì, señora, Belgrano è il capolinea. Dopo non fa altre fermate.

- Muchas gracias, señor.

- De nada.

- Chi è quella signora, papito?

- Shshshhhh… Parla piano che ti sente.

- È un’anziana signora, Evita, chi vuoi che sia? Non la conosco. Mi ha chiesto un’informazione.

- Cosa ha fatto alla testa?

- Niente, perché?

- Allora perché si tiene la testa con quel fazzoletto bianco?

- Perché è una madre.

- Anche mama è una madre, ha tre figli, però non porta il fazzoletto bianco in testa.

- Evita, parla piano, porcaccia la miseria, ti fai sentire.

- Non ti spazientire, Miguel, dillo tu a Evita chi sono le madres.

- Le madres de Plaza de Mayo, Evita, possibile che non ne hai mai sentito parlare?

- No.

- Sono delle donne che il giovedì pomeriggio vanno a Plaza de Mayo, si piazzano davanti alla Casa Rosada…

- Dove sta la Presidenta?

- Esatto, e girano, girano, girano.

- Forte?

- No, piano. Camminano. Fanno dei giri lenti intorno alla statua al centro della plaza.

- E si divertono?

- Non lo fanno mica per divertirsi, tesoro. Lo fanno perché vogliono sapere che fine hanno fatto i loro figli, che tanti anni fa un giorno sono usciti di casa e non sono più tornati.

- Da chi lo vogliono sapere, papito? Perché non hanno detto dove andavano? Io lo dico sempre dove vado, così se mi cercate sapete dove trovarmi. Però io vado sempre da Isabelita.

- Certo.

- E se un giorno mama non mi trova, va davanti la Casa Rosada a chiedere dove sono?

- Oh no, ahahah… no.

- Sei una frana, Evita.

- Ascolta, i figli di quelle signore sono scomparsi tanti anni fa perché delle persone sono andati a prenderli e non li hanno più lasciati andare a casa.

- Erano persone cattive?

- Sì, cattive, Evita, molto cattive. Allora, stiamo arrivando. Vediamo chi riesce a fare più pesos stanotte.

- Ieri ho fatto quindici pesos da solo, papa.

- Bravo Miguel. Sei il Leo Messi dei cartoneros.

- Ma io voglio essere il Leo Messi dei calciatori.

- Speriamo un giorno. Speriamo. Intanto prendi i sacchi, non dimenticate nulla. Coraggio, ragazzi, stiamo arrivando a Belgrano.

- Cantiamo, papa?

- Certo, señorita, come ogni sera. Su!

- Che si canta stasera?

- Como la cigarra?

- Sìììì… Mercedes Sosa.

- Me encanta la negra Sosa. Forza, assieme, scendiamo. E cantiamo.

- “Cantando al sol como la cigarra...”

- Messi prende la palla in area...

- “...después de un año bajo la tierra...”

- … assist di Messi per Bellucci ...

- “...igual que sobreviviente”

- ... colpo di testa e...

- “que vuelve de la guerraaa...”

- … GOOOOOLLLLL!!!

- “…la la lalalala...”

Tre persone si aggirano cantando nella notte dei cartoneros di Buenos Aires. Sono Pedro Bellucci, figlio di un immigrato siciliano, e i suoi due figli, Miguel ed Evita. Il ragazzo prende a calci un pallone immaginario credendo di essere un famoso calciatore.

3 commenti:

Carletta ha detto...

Ma è una storia vera? Se sì, !te mato!

cooksappe ha detto...

capisco!

Anonimo ha detto...

Cartone, Amore e Fantasia ...
Beata Innocenza ...
( AràMiss )