domenica, settembre 27, 2009

giovedì, settembre 24, 2009

IO STO COI RAGAZZI DEL GANDHI


Bei tempi, quelli della Moratti. Come Ministro della Pubblica Istruzione, voglio dire. Anzi, solo dell’Istruzione. La prima cosa che fece da ministro fu quella di togliere quell’inutile aggettivo: pubblico. Fu un pessimo ministro, la Moratti. Eppure, nell’epoca di Maria Stella Gelmini, la nullità tonante del governo italiano (no, perché gli altri…), ho come un leggero, contenuto rimpianto per i tempi della Moratti, quando andavo a Roma coi miei colleghi dei Cobas della Scuola e facevamo di quelle belle manifestazioni davanti al Ministero in Viale Trastevere. Altri tempi. Adesso che agli insegnanti è vietato fare politica, tutti allineati e coperti.
Poi la letizia di tutti gli insegnanti d’Italia si è ritirata nella sua Milano, la Milano da bere. Fa il sindaco – non so se bene o male – ed è molto defilata rispetto alla grande politica italiana, quella dei Bondi e dei Brunetta, dei Gasparri e dei Capezzone ma soprattutto del più grande Presidente del Consiglio, da Romolo ai nostri giorni. Remolo compreso.
Ieri sera Letizia nostra ha anche esordito come attrice. Sì, in un teatro di Milano stava interpretando, in inglese, un testo su Abramo Lincoln. In tempi di grande tolleranza e apertura verso l’Altro, fa bene richiamare alla mente questo padre della democrazia, colui grazie al quale la schiavitù venne abolita negli Stati uniti d’America, subito dopo la Guerra Civile. Chissà cosa penserebbe oggi il vecchio presidente del pacchetto sicurezza degli amici di Letizia, la stessa che ora legge Lincoln.
Ma vabbè, bando alle minchiate e torniamo al fatto. Allora, dicevo, la Moratti, sul palco, alta, ritta, in bianconero, orchestramunita, si appresta a leggere il testo. E lo fa, anzi, lo inizia, perché a un dato momento alcuni giovani in platea cominciano a urlare, a inveire contro il sindaco. “Hanno fatto l’inferno”, diremmo a Girgenti.
Perché tutto ciò? Ho letto l’episodio. Questi ragazzi sono studenti – a questo punto ex studenti – del liceo serale Gandhi di Milano. Ai quali è stata chiusa la scuola. Non so perché, lo ammetto, non lo so. Immagino per motivi economici. Ma la chiusura di una scuola è sempre una sconfitta per tutta la società, questo lo so. Certo, per frequentare una scuola serale, niente niente sono figli di operai, i genitori non hanno la fabricheta, al mattino lavorano per pagarsi la vita e alla sera, credendo di vivere in un paese civile dove queste cose vengono riconosciute come merito, vorrebbero frequentare la scuola. E invece no, la scuola viene chiusa. E alé, andare. Hanno chiesto spiegazioni, i giovani del Gandhi, ma non le hanno ricevute. Come non sono stati ricevuti dal sindaco quando le hanno chiesto udienza; come non hanno avuto nessun cenno quando hanno fatto le lezioni in piazza o le manifestazioni davanti al Comune di Milano. Sicché hanno deciso di inscenare questa manifestazione nonviolenta – del resto, vanno al Gandhi – e hanno bloccato il sindaco neoattore.
Perché non sono stati ricevuti? Perché non hanno dato loro spiegazioni? Perché hanno chiuso il Gandhi? “Perché?”, continuava a ripetere ieri la ragazza ricciuta dalla platea. “Perché non posso studiare?” Allora, sindaco Moratti? Vuoi scendere da quel cazzo di palcoscenico e rispondi a ‘sta povera creatura, sì o no, porca puttana? Perché avete chiuso il liceo serale Gandhi di Milano?
“È la democrazia” – pare abbia commentato la Moratti ritornando sull’accaduto. È vero, è la democrazia, esattamente come chiudere una scuola senza dare spiegazioni a nessuno.

martedì, settembre 22, 2009

CIAO WESS

No, vedi, ci sto rimanendo troppo male.
Vero è che l'avevamo perso di vista decenni fa, però non bisogna mica morire per ritornare alla ribalta...
Qualche anno fa ci era ritornato in mente per via di una pubblicità con telefonini e calciatori e soprattutto quella canzone: E non ci lasceremo mai… Che poi si intitolava Un corpo e un’anima. Arrivò prima a Canzonissima
È morto Wess.
Sì, Wess, Wess Johnson, quello di Wess e Dory Ghezzi è morto proprio oggi, stanotte. Wess and the Airedales.
Ciao, Wess.

giovedì, settembre 10, 2009

TASSISTI E BERLUSCONI


I tassisti amano Berlusconi. Be’, non c’è dubbio che tra i tassisti italiani abbia avuto percentuali talmente bulgare che a Sofia se le sognano. Questo forse (e senza forse) dovuto alle famose liberalizzazioni dell’ex ministro – e prossimo segretario PD – Bersani, che, a detta degli autisti di piazza, avrebbero danneggiato a strafottere la categoria. Una sera, anzi una notte, rischiai il linciaggio all’aeroporto di Ciampino, dove un gruppo di tassisti non voleva portarci – me e mia moglie – a Roma per 30 euro (tariffa dichiarata dal manifesto affisso da loro stessi sui muri dell’aerostazione). Essi evidentemente aspettavano i turisti giapponesi o americani da spellare vivi. Venni fuori con una frase: “E poi vi lamentate di Bersani!”. Al pronunziare quel nome ho visto gente con gli occhi iniettati di sangue, sopraffatta dal furore. Mi venne risparmiata la vita solo per la presenza della mia buona moglie, ne sono certo. Per cui credo che i tassisti italiani abbiano votato a valanga per quel simpaticone.
Ma dove il Cavaliere riscuote grande successo – ben più che con le quindicenni a Villa Certosa – è tra i tassisti del resto del mondo. Successo ed estrema curiosità, invero. I tassisti del globo sono assolutamente calamitati dalla figura di Berlusconi. Lo so per certo.

Dublino, luglio 2003: io e ‘st’amico mio, Federico, prendiamo il taxi dall’aeroporto per raggiungere altri amici che ci avevano preceduto al centro della capitale irlandese. Il tassista di tanto in tanto ci fa vedere qualcosa della città e a un certo punto, mostrandoci un pub dall’altro lato della strada, ci spiega che è quello in cui il Primo Ministro, finita la sua giornata di lavoro, va a farsi la classica pinta di Guinness. “Come se Berlusconi andasse…”, faccio per dire al mio amico ma… quel nome arriva come una fucilata per il buon uomo. “Oh, Pelusconey – grida lui – Sivio Pelusconey”. Qualche giorno prima l’ineffabile Silvio aveva funestato il Parlamento Europeo, di cui era appena diventato presidente del semestre di turno, con la celebre curtigliata col deputato Schulz (il kapò, per intenderci). Assolutamente estasiato dal nostro premier – non sono certo che ci invidiasse, però –, l’amico tassista ci chiede se il nostro uomo è davvero così o magari lo fa per scherzo; se ci è o ci fa, in definitiva. Lo abbiamo assicurato che è tutta farina del suo capiente sacco. Continuando freneticamente, l’uomo ci racconta che per tutta la settimana successiva all’episodio incriminato, i giornali di tutta l’EIRE avevano dato in prima pagina resoconti di vario genere e di vario tenore sul fatto e sul suo indiscusso protagonista. Ecco perché il nostro tassista, come se fossimo suoi amici (suoi di Silvio, ovviamente) ci chiedeva notizie e informazioni sul brevilineo eroe italiano.

Buenos Aires, luglio 2008: come la gran parte degli argentini, anche il nostro tassista ha antenati – neanche poi tanto lontani nel tempo – italiani. Dopo averci chiesto – stavolta ero con mia moglie, in luna di miele, perdipiù – se fossimo italiani, il caro autista spara la domanda: “Como es la historia de Silbio Verlusconi con su secretaria que se puso ministro?” Non abbiamo capito, lo ammetto, cosa volesse dire ma continuando ci fece capire che si riferiva alla storia – notoriamente insufflata dalla sinistra becera ai media internazionali – della ministra Carfagna, colei che di fronte a cotale marcantonio pare sia rimasta “a bocca aperta”. L’amato tassista non poteva credere che fosse andata così; l’aveva sentito alla radio ma stentava a convincersene. Pertanto chiedeva a noi se la cosa fosse vera. Ma sarà vera, poi? Per come sono andate le cose e secondo recenti sviluppi, forse sotto c’è ben altro, caro tassista porteño, cose che noi umani…

Dar es Salaam, agosto 2009: il nostro tassista si chiama Iddy ed è un giovanottone nero – del resto è tanzaniano. Parla in inglese, il raccogliticcio (detto con tutto il rispetto) inglese africano, e sin dai primi momenti si rivela molto amichevole, simpatico e di piacevole conversazione. E siccome anche noi tre (io e miei amici Maurizio ed Emanuele) condividiamo le stesse caratteristiche, Iddy si apre molto. Poiché siamo italiani, si sente in dovere di consigliarci localini di una certa caratura, con donnette disinvolte, non so se mi spiego. Poi la conversazione cade sull’Italia e sul fatto che a lui piacerebbe venirci. Gli diciamo che in questo momento storico per gli immigrati non è aria, in Italia; forse è meglio che si tenga il suo bel taxi a Dar es Salaam. Ed è qui che il nostro amico Iddy non si trattiene più. “Sivlusconi – ci chiede – Sivlusconi”, in un intreccio tra nome e cognome del nostro beneamato Premier. In fin dei conti anche Emilio Fede, se ci avete mai fatto caso, lo pronunzia così. Aveva sentito alla radio – i tassisti sono tra i principali radioascoltatori al mondo – le storie di Villa Certosa, le femminette allegre e Topolanek, la festa di Noemi, le pulle di Bari e tutto il resto. Insomma, Iddy era inebriato ed è a questo punto che esce fuori al naturale: “Jik-jik – comincia a dire, mimando un rapidissimo atto sessuale sul sedile del taxi – Sivlusconi jik-jik”. Io e i miei tre fidati amici ovviamente ci sganasciamo, mentre il buon Iddy per tutto il viaggio continuerà la sua copula simulata al grido divertito di “jik-jik Sivlusconi”.

Niente da fare, Silvio Berlusconi (Sivio Pelusconey – Silbio Verlusconi – Sivlusconi) è la star di tutti i tassisti del mondo. Sono assolutamente orgoglioso di lui. E mi sto già comprando il taxi.

mercoledì, settembre 02, 2009

CIAO, TERESA

«Dopo avere insieme condiviso per quindici anni il tempo dell'amicizia, del rispetto per la vita e per la sofferenza di tutti, dopo il lungo tempo di affetto, di speranze, di timore per la sua sorte personale, Emergency annuncia la morte della sua presidente Teresa Sarti Strada.
Con la stessa apertura e con la stessa semplicità che aveva voluto per la vita di Emergency, Teresa ha accettato anche in questi suoi ultimi giorni la vicinanza di tutti coloro che hanno voluto esserle accanto. La serenità consapevole con la quale è andata incontro alla conclusione del suo tempo ha espresso il coraggio e la determinazione che rappresentano la verità della nostra azione in un'attività che ha dato senso alla sua e alla nostra esistenza. La dolcezza del ricordo coincide per noi con il rinnovo del nostro impegno per la pace e per la solidarietà.»
dal sito di Emergency

Nell’Italia di Papi e di Noemi, di Fabrizio Corona e dei tronisti di Maria De Filippi; nell’Italia degli attacchi ai gay e di Svastichella, in questa Italia del “pacchetto sicurezza” di Maroni e della “riforma della scuola” della Gelmini; c’è ancora qualcosa o qualcuno che mi fa sentire orgoglioso di appartenere a questo Paese e questo popolo.
Grazie Teresa, arrivederci.