venerdì, maggio 22, 2009

Capaci, Vito Schifani: una corsa in moto, un ricordo…


Questo bellissimo pezzo è stato scritto da Salvo Grenci, un mio caro amico giornalista.
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La notizia della strage di Capaci mi raggiunse allo stadio delle Palme, a Palermo, tempio dell’atletica siciliana, fase regionale dei campionati regionali assoluti di società. Avevo in mano una pistola, quella di starter, mi preparavo a chiamare i concorrenti a non ricordo quale gara di velocità e al tempo stesso seguivo con lo sguardo un paio di atlete che allenavo all'epoca. Solita roba. Le prime notizie arrivarono alla spicciolata, il telefonino era roba per pochi eletti, non era ancora quel che è oggi, però qualcosa arrivò, e presto il gelo calò sul tartan dello stadio. Proseguimmo sino a sera con un senso di vuoto e di impotenza, ma la mazzata più dura doveva ancora arrivare.
In albergo ci fiondammo davanti al televisore, eravamo in parecchi ad ascoltare i dettagli sull’attentatuni e ad un certo punto il Tg iniziò ad elencare i nomi dei poliziotti ammazzati insieme a Falcone e alla moglie. Quel "Vito Schifani" fu per me e Marcello Gargano una pugnalata al cuore: “Minchia, ma cu? VITO SCHIFANI? ‘Un po’ ìessiri”. Vito era un atleta del Cus Palermo,ex promessa da juniores, atleta di livello regionale successivamente. Amicone e bravo ragazzo, generoso e un po' matto. Mi tolse dieci anni di vita con una folle corsa in moto sino alla stazione degli autobus per non farmi perdere l'ultima corsa per Agrigento. Quando scesi di sella avevo le gambe molli e la fronte madida di sudore, e al suo sarcastico “U viristi ca ccià fìcimu?” lo mandai a quel paese, toccandomi ripetutamente con l’indice la tempia: “Tu sì foddi, di catina, sparti!”. Era bravo, Vito, faceva il suo lavoro con passione, e quando poteva tornava volentieri in pista per qualche sprint o alcune ripetute sui 200. Il destino gli tese una trappola, secca, senza appello: doveva essere lì, alle Palme, l’indomani, per coprire il classico “buco” in staffetta per la sua società, i Winners, che era poi la seconda squadra del Cus Palermo. Poi all’ultimo momento gli cambiarono il turno, o se lo fece cambiare lui, non ricordo bene e per quale motivo, e finì anche lui con Falcone e gli altri macellato dal tritolo di Capaci. L’indomani, alle Palme, Bartolo Vultaggio, dirigente appassionato che non aveva ancora fondato la Pol. Europa Capaci (che nacque appunto come manifesto di quel popolo non ancora rassegnato ad assistere alla deriva mafiosa della sua storia), con la voce tremante al microfono proferì poche ma significative parole per quel ragazzo come tanti, come noi, che vivevano di cose semplici: il lavoro, la famiglia, una sgambata allo stadio, i 400 metri corsi anche con spiccioli di preparazione ma con la stessa passione di sempre.
Diciassette anni dopo non mi sembra ancora vero, Vito, proprio lui...
E a pensarci bene, non l’ho mai ringraziato per quella folle corsa sino alla stazione degli autobus.

Salvo Grenci

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In memoria di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo e dei ragazzi che erano con loro: Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. E con il cuore grato anche a Giuseppe Costanza, unico sopravvissuto alla strage.
Guai a dimenticare gli eroi. (A. T.)

2 commenti:

Carla ha detto...

Grazie.

Ceramiche e dintorni di Ketty Messina ha detto...

Ho un ricordo indimenticabile di Vito, mi allenavo allo Stadio delle Palme (1980-87) e quando finivo l´allenamento andavo a fare degli esercizi in una sbarra che allora c´era vicino alla palestra, lui veniva pure e parlavamo tanto, mi parlò di un suo viaggio a Barcelona, era sempre sorridente, limpido ...
Manolo Macías
maciasma@interfree.it