martedì, maggio 26, 2009

VACCI PIANO CON LE PAROLE



Forse però, ragazzi, almeno tra coloro che condividiamo un certo modo di vedere l’immigrazione, dovremmo cominciare, quantomeno, ad “aggiustare” il nostro lessico. Non uso ormai da anni la parola “clandestino” – credo di non averla mai usata –, posto che di una persona che scappa dal suo paese non mi interessa sapere se è in regola o meno. È un termine che denota negativamente qualcuno, così, senza neanche conoscerlo. Del resto non sento mai chiamare qualcuno “evasore”, anche se di quello si sa che se ne straimpippa del Fisco. O “frequentatore di puttane”, anche se si sa che non disdegna il puttan tour. Né, è questo è grave, sento chiamare “condannato” o “inquisito” o “imputato” gran parte dei personaggi che affollano il nostro Parlamento e il nostro Consiglio dei Ministri. Anzi, quelli li chiamiamo “onorevoli”.
Abolirei anche “extracomunitario”, giacché ne metterebbe in luce soprattutto la sua non appartenenza a quel club esclusivo che è la Comunità Europea. Peraltro non credo che i migranti brucino dalla voglia di diventare “intracomunitari”, credo cerchino solo la dignità negata.
Infine farei attenzione (ma molta) a non chiamare “centri di accoglienza”, quei mostruosi CIE (già CPT). Ci basta che lo facciano le televisioni, no? Guardate un po’ in giro per il web e cercate di capire il tipo di accoglienza che si pratica in quei luoghi. Il CPT di Girgenti è stato chiuso anni fa in seguito a una visita della Commissione per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa. Forse praticavano un’accoglienza un po’ “focosa”. Del resto, si sa, l’accoglienza del Sud…

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