Stazione di Josè Leòn Suarez, periferia di Buenos Aires. Ore 21:00.
- Miguel, Evita, correte.
- Arriviamo, papa.
- Su, sbrigatevi. Il treno sta partendo.
- Eccoci, papito.
- Tutte le sere la stessa storia.
- È colpa di Miguelito, papa. Ogni sera si ferma davanti alla vetrina di don Pedro Quintana a guardare il fútbol.
- Su, saliamo, parte il treno.
- Io non guardo il fútbol.
- Sì, Miguel, lo guardi, invece, ogni sera lo guardi, ogni sera.
- No, Evita, Miguel non guarda il fútbol, ha ragione. Lui guarda Leo Messi.
- Chi è Leo Messi?
- Che ne vuoi sapere tu di chi è Leo Messi. È un calciatore, il più bravo di tutti.
- Be’, il più bravo è Diego. Dai, sediamoci qui. Diego Armando Maradona. Mettili lì quei sacchi, Miguel. El pibe de oro.
- Era il più bravo, Diego, papito, adesso è Leo, la pulga. Lui è un mito. Ma che dici, tornerà in Argentina, un giorno, papito?
- Da dove?
- Zitta, dalla Spagna, zitta.
- Non so, speriamo torni.
- E quando verrà, mi porterai a vederlo?
- Questo è già più difficile. Però, sì, ti prometto che andremo a vederlo. Io, tu ed Evita. Anzi, ci portiamo pure la mama e Angelito, ok?
- Sì, sì, evviva. E poi mi compri la factura con dulce de leche, vero, papito? Ma dove andiamo? Chi andiamo a vedere?
- Ma sei sorda, Evita? Andiamo a vedere Leo Messi.
- Quando ci andiamo?
- Quando torna in Argen… Vabbè, niente, dai…
- Io da grande diventerò come Messi, vero, papa?
- Non so, speriamo. Sei molto bravo a calcio. Molto bravo per la tua età. Io a dodici anni ero una schiappa.
- Già, speriamo, così la smettiamo di fare i cartoneros.
- È un lavoro come gli altri, Miguel.
- Insomma!
- A me non piace, papito.
- Lo so, Evita, ma lo fai col tuo papà, non sei contenta?
- Sì, però…
- E poi sì che è un lavoro come gli altri, anzi, più utile di tanti altri. Se non ci fossimo noi cartoneros che alla sera raccogliamo la basura e la separiamo, non lo farebbe nessuno. Il Comune di Buenos Aires non fa la raccolta differenziata…
- Cos’è la raccolta differenziata?
- Quello che facciamo noi, Evita, separiamo la carta, il cartone, il vetro e la plastica e li portiamo a don Fidelio, che ci dà i soldi. Sennò finirebbe tutto nelle discariche e verrebbe bruciato insieme all’altra basura, quella umida.
- E gli hamburger, papa, che basura sono?
- Umida. Però quelli…
- … ce li mangiamo, ahahahah…
- Se non separassimo la basura, non guadagneremmo i soldini, non potremmo comprare da mangiare, non potremmo vestirci, mama non farebbe la spesa e tu non potresti andare a scuola.
- Domani ci posso andare a scuola, papito?
- Certo, Evita, perché no?
- Oggi non sono andata.
- Perché sei una dormigliona, ecco cosa sei.
- Papa, di’ a Miguel di smetterla.
- Fatela finita tutt’e due. Stamattina non sei andata a scuola?
- No, quando la mama mi ha svegliata avevo troppo sonno e…
- Col lavoro che facciamo…
- Papa, a scuola Pedro Gonzales e Manuel Aguirre mi prendono sempre in giro.
- Perché, tesoro mio?
- Perché dicono che dormo sempre.
- Può capitare a tutti di dormire.
- Dicono che dormo perché faccio la cartonera e la notte vado a lavorare. Dicono che sono povera.
- Meriterebbero una bella lezione, quei due.
- Miguel.
- Mi sa che un giorno passo dalla tua scuola, Evita, e ci vengo a parlare io con quei due cretini.
- Migue-el.
- Biglietti. Signori, biglietti.
- Ecco qua.
- Il solito furbo,eh?
- Nessuna furbizia, señor. Un adulto e due ragazzi.
- Nei treni dei cartoneros si paga tutti uguale, non dirmi che non lo sai, amigo. Senza eccezione.
- Ma è dovunque così, i ragazzi pagano il ridotto.
- Va bene, va bene, non ne parliamo più.
- Dove andiamo, papa?
- Come dove andiamo? In Patagonia.
- Sei uno scemo, Miguel. Dove andiamo stasera a raccogliere la basura?
- Oggi andiamo a Calle Florida, che ne dite?
- Sììì… Evviva. Calle Florida è il posto migliore. Si trovano persino gli hamburger e le empanadas.
- Calle Florida è il posto dello shopping. Il più bello di Buenos Aires.
- Che bello, evviva.
- È di origini italiane, Messi. Lo sapevi, Miguel?
- Sì, papa, come noi, vero?
- Noi siamo di origini italiane, papa?
- Sì, cara, noi veniamo dalla Sicilia…
- Cos’è la Sicilia?
- È un’isola italiana, ignorantona.
- Pa-paaa…
- Piantala, Miguel, Evita non sa cos’è la Sicilia, glielo diciamo noi.
- Giusto, nonno Michele ci parlava sempre della Sicilia. Diceva che è un’isola molto grande e molto bella nel sud d’Italia.
- Io non mi ricordo di nonno Michele.
- No, Evita, se n’è andato qualche anno fa e tu eri molto piccola.
- Dov’è andato?
- È morto, stupida.
- Miguel.
- Tu sei nato nella Sicilia, papito?
- No, nonno Michele è nato in Sicilia. Poi, a quindici anni, è venuto in Argentina con tutta la famiglia. Sono arrivati in nave, dopo un lungo viaggio. Un giorno devo portarvi al museo dell’immigrazione, voglio farvi vedere dove arrivavano gli immigrati dall’Italia.
- Solo dall’Italia?
- No, non solo, anche da altre parti del mondo. Ma gli italiani sono stati i più numerosi. Ne arrivarono a decine di migliaia, da tutte le parti d’Italia, da Roma, Napoli, Palermo…
- Palermo è a Buenos Aires, papa.
- Palermo è un quartiere di Buenos Aires, sei troppo ignorante. Papa parla della città di Palermo, che è la capitale della Sicilia. Nonno Michele era di Palermo.
- Giusto, Miguel. La famiglia di Messi, invece, viene da Recanati, nel centro d’Italia, dove è nato un grande poeta.
- Ma non era un calciatore?
- Zitta. Lascia parlare papa.
- Leopardi, si chiamava il poeta. È uno dei più importanti della storia d’Italia. Ha scritto delle poesie bellissime.
- Senti, papito.
- Dimmi, tesoro.
- Ma se noi veniamo dall’Italia, perché non torniamo in Italia così smettiamo di fare i cartoneros?
- Non è così semplice, Evita.
- Perché, papito?
- Perché noi siamo argentini. Spostarsi per emigrare non è così semplice. E poi ho sentito che per ora in Italia non è un buon momento per chi vuole emigrare.
- Allora non ci vogliono, papa?
- Credo di no, Miguel. Mi sa che non ci vogliono. Se ci beccano ci respingono.
- Dove ci respingono?
- Ci respingono alla frontiera, Evita, ci ricacciano via. Dicono che siamo extracomunitari e quindi non possiamo entrare.
- Ec-stra-conu-mi-tari?
- Co-mu-ni-tari, Evita, extracomunitari. Vuol dire che non facciamo parte della loro comunità.
- Qual è la loro comunità?
- Quella europea. Noi siamo americani quindi non siamo europei, non siamo comunitari. Siamo extra-co-mu-ni-ta-ri.
- Allora non vogliono nemmeno Leo Messi? Anche lui è extracomunitaro.
- Comunitario, Miguel, non comunitaro. Anche Messi è extracomunitario però secondo me a lui lo vogliono.
- Perché fanno entrare un giocatore di fútbol e noi no, papito? È argentino extracomunitario come noi. Perché lui sì e noi no?
- Perché lui guadagna tanti soldi e tanti ne fa guadagnare.
- Perché non è cartonero, vero, papito?
- Certo, amore, non è cartonero. Ma anche noi non eravamo cartoneros.
- E poi?
- E poi in Argentina è scoppiato il caos…
- Cos’è il caos?
- C’è stato una bruttissima crisi economica e tante famiglie sono diventate povere.
- Anche noi, papito?
- Sì, Evita, purtroppo anche noi.
- E tu, papa, che lavoro facevi prima della crisi?
- Lavoravo in una banca. Molti di noi abbiamo perso il posto e da un giorno all’altro ci siamo ritrovati per la strada.
- Oooh!
- Scusi, señor, questo treno ferma alla stazione di Belgrano?
- Sì, señora, Belgrano è il capolinea. Dopo non fa altre fermate.
- Muchas gracias, señor.
- De nada.
- Chi è quella signora, papito?
- Shshshhhh… Parla piano che ti sente.
- È un’anziana signora, Evita, chi vuoi che sia? Non la conosco. Mi ha chiesto un’informazione.
- Cosa ha fatto alla testa?
- Niente, perché?
- Allora perché si tiene la testa con quel fazzoletto bianco?
- Perché è una madre.
- Anche mama è una madre, ha tre figli, però non porta il fazzoletto bianco in testa.
- Evita, parla piano, porcaccia la miseria, ti fai sentire.
- Non ti spazientire, Miguel, dillo tu a Evita chi sono le madres.
- Le madres de Plaza de Mayo, Evita, possibile che non ne hai mai sentito parlare?
- No.
- Sono delle donne che il giovedì pomeriggio vanno a Plaza de Mayo, si piazzano davanti alla Casa Rosada…
- Dove sta la Presidenta?
- Esatto, e girano, girano, girano.
- Forte?
- No, piano. Camminano. Fanno dei giri lenti intorno alla statua al centro della plaza.
- E si divertono?
- Non lo fanno mica per divertirsi, tesoro. Lo fanno perché vogliono sapere che fine hanno fatto i loro figli, che tanti anni fa un giorno sono usciti di casa e non sono più tornati.
- Da chi lo vogliono sapere, papito? Perché non hanno detto dove andavano? Io lo dico sempre dove vado, così se mi cercate sapete dove trovarmi. Però io vado sempre da Isabelita.
- Certo.
- E se un giorno mama non mi trova, va davanti la Casa Rosada a chiedere dove sono?
- Oh no, ahahah… no.
- Sei una frana, Evita.
- Ascolta, i figli di quelle signore sono scomparsi tanti anni fa perché delle persone sono andati a prenderli e non li hanno più lasciati andare a casa.
- Erano persone cattive?
- Sì, cattive, Evita, molto cattive. Allora, stiamo arrivando. Vediamo chi riesce a fare più pesos stanotte.
- Ieri ho fatto quindici pesos da solo, papa.
- Bravo Miguel. Sei il Leo Messi dei cartoneros.
- Ma io voglio essere il Leo Messi dei calciatori.
- Speriamo un giorno. Speriamo. Intanto prendi i sacchi, non dimenticate nulla. Coraggio, ragazzi, stiamo arrivando a Belgrano.
- Cantiamo, papa?
- Certo, señorita, come ogni sera. Su!
- Che si canta stasera?
- Como la cigarra?
- Sìììì… Mercedes Sosa.
- Me encanta la negra Sosa. Forza, assieme, scendiamo. E cantiamo.
- “Cantando al sol como la cigarra...”
- Messi prende la palla in area...
- “...después de un año bajo la tierra...”
- … assist di Messi per Bellucci ...
- “...igual que sobreviviente”
- ... colpo di testa e...
- “que vuelve de la guerraaa...”
- … GOOOOOLLLLL!!!
- “…la la lalalala...”
Tre persone si aggirano cantando nella notte dei cartoneros di Buenos Aires. Sono Pedro Bellucci, figlio di un immigrato siciliano, e i suoi due figli, Miguel ed Evita. Il ragazzo prende a calci un pallone immaginario credendo di essere un famoso calciatore.
3 commenti:
Ma è una storia vera? Se sì, !te mato!
capisco!
Cartone, Amore e Fantasia ...
Beata Innocenza ...
( AràMiss )
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