giovedì, ottobre 22, 2009

GRATZIANEDDU



La televisione italiana ha dei grandi programmi, di qualunque genere. Si sa. Ma alcuni, non c’è niente da fare, sono più grandi degli altri. Il Grande Fratello, di Canale 5, è probabilmente il paradigma della buona televisione, quella che tra una scoreggia e una bestemmia in diretta, diverte, fa rilassare e educa milioni di italiani. Non disdegno Uomini e donne di Maria De Filippi, sempre su Canale 5, la trasmissione dei tronisti. Chi non conosce i tronisti? Giovanotti di grande bellezza ma dal neurone assenteista, che, seduti su un trono – e dove, sennò? – fanno bisticciare una ventina di signorine cacciatrici, anch’esse dalle stesse caratteristiche psicofisiche. Sempre la femminile Maria De Filippi conduce C’è posta per te, prototipo della tv del dolore, e Amici, una sorta di Saranno famosi de noantri. Ma ci sono anche dei tg molto interessanti: il TG4 di Emilio Fede, per esempio, campione di imparzialità ed equità o Studio Aperto di Italia1, al quale, se togliessero le notizie di gossip, rimarrebbe solo la frase: Buonasera, cari telespettatori.
Ecco, tutti ‘sti programmi arrivano nelle nostre case per merito delle televisioni di quel signore che, a detta del ministro Alfano, ha portato moralità nella politica. Dopo averla portata nella televisione. Ma questo l’ho aggiunto io.
Non si dica, però, che la RAI TV non si sia adeguata. L’Isola dei famosi, ad esempio, dove la mettiamo? In un posto dove ha perso le scarpe il Signore – tipo in Honduras, Brasile, Capo Verde – una ventina di personaggi più o meno famosi (recentemente mischiati a degli sconosciuti, se non sbaglio) vengono “abbandonati” in balia di loro stessi e dei loro più bassi istinti. Si vedono e si sentono le peggio cose. Gazzarre per il cesso, pianti disperati per il cibo, crisi per il freddo e la pioggia. Naturalmente anche roba di genere sessuale, molto in alto nel gradimento degli Italiani. E tutti a fintoscandalizzarsi in studio, dove una scatenata Simona Ventura arringa un manipolo di “opinionisti”.
Ecco, in questa atmosfera da collegio svizzero, quest’anno – ho sentito – vogliono infilare anche Graziano Mesina, Gratzianeddu, come lo chiamano nella sua terra, il re dei banditi sardi (foto). Non uno stinco di santo, per carità. Ed ecco cominciare a sollevarsi il solito polverone di polemiche, messo su dai soliti politici di alto rango, che, dimentichi di quanti delinquenti quotidianamente siedono al loro fianco in Parlamento, o di quali gaglioffi li hanno portati tra quegli scanni, simulano indignazione contro la partecipazione del “re del Supramonte” al reality.
Ma chi è Gratzianeddu? Un pendaglio da forca, si direbbe; uno che nella sua vita ne ha combinate di cotte e di crude, anche di molto sporche, arrivando persino a uccidere. Ha rubato, rapito, truffato; è stato arrestato un sacco di volte e 14 volte è evaso. Uno che perciò è anche entrato nell’immaginario collettivo come il migliore, benché in una categoria non invidiabile. Un personaggio non commendevole affatto al quale sono anche stati dedicati film, libri e canzoni. Uno che non prenderesti come precettore per tuo figlio, insomma.
Epperò io sono favorevole alla partecipazione di Mesina all’Isola – per quello che me ne può fregare. Dice, perché? Perché il nostro ha passato 40 anni in galera, ha scontato tutto. Se il carcere serve a far sì che chi ha sbagliato paghi, chi ha pagato è a posto. No? Mi preoccuperei per quelli che non hanno mai pagato, che profittando della loro posizione affermano diritti che in effetti non dovrebbero avere. Gratzianeddu ha pagato: che vada in tv, a quel paese o dove cavolo gli pare. Non ho simpatia per lui ma per me – ora – può fare il cavolo che vuole. Dice, e quelle persone che hanno avuto un parente ucciso? Vero, ma ripeto: Mesina ha pagato. Ha scontato la pena di aver portato il lutto in quelle case. Certo, i parenti di coloro che sono stati ammazzati da lui lo vorrebbero morto fra atroci dolori; lo Stato, invece, gli ha inflitto una pena e questa pena è stata estinta. Se la Legge è uguale per tutti, e tutti siamo uguali per la Legge, Mesina è stato uguale. Quindi sì a Gratzianeddu all’Isola dei famosi.
Piuttosto NO all’Isola dei famosi e a tutte le altre schifezze della televisione.

giovedì, ottobre 15, 2009

SORELLE D’ITALIA

Non si può dire che non ci appassioniamo alle minchiate, noi Italiani. L’ultima in ordine di tempo è la polemica, al vetriolo, che sta infiammando la penisola. No, nulla a che vedere con le prodezze sessuali del nostro premier erotomane e neanche coi migranti che muoiono a decine nel mare nostrum; non con le quotidiane aggressioni ai gay e nemmeno, mi si consenta, con la gran cazzata delle ronde padane né con la metodica, paziente demolizione di quel che resta della scuola pubblica. No. Come si permettono, no, dico come si permettono a usare l’inno nazionale per pubblicizzare delle calze da donna? È questa la polemica che sta tenendo viva l’attenzione degli Italiani. Non mi dite che non sapete di cosa parlo. La ditta Calzedonia – la stessa che fa quella promozione di calzini di cotone filo di Scozia da uomo, 5 paia a € 10, ve le consiglio – lancia una campagna pubblicitaria con uno spot in cui una serie di pezzi di gnocca si fa ritrarre con addosso le belle calze della ditta. Perché, si sa, se non sei figa non usi le calze. Vi immaginate delle donne chiatte che fanno le pubblicità ai collant? O delle cinquantenni un po’ malandate in autoreggenti?
Bella réclame, comunque. Ambienti molto suadenti; giornate di sole ma non di caldo; una donna si sveglia, una porta si apre al nuovo giorno, una corsa in moto, bambini che giocano e la città di Roma col cuppolone sullo sfondo, ben delineato. Insomma, una vera meraviglia: ci son solo persone sorridenti. Proprio come nell’Italia d’oggidì.
Epperò, cosa c’è che non va? Questi gran geni hanno usato come colonna sonora l’inno nazionale, sì, proprio quello di Novaro-Mameli: il Canto degli Italiani, meglio noto come Fratelli d’Italia. C’è una cantante che lo interpreta in modo accattivante e con bravura, aggiungerei. Nulla che faccia pensare alle carnascialate dei prepartita, quando i nostri strapagati ragazzi in maglia azzurra e mutanda bianca lo eseguono a squarciagola, stonati come mufloni, solo per dimostrare che lo cantano. Qualche anno fa ci fu un’altra polemica, quella dei calciatori che non cantavano l’inno nazionale. “E rappresentano l’Italia, e lo devono cantare, e gli altri lo cantano perché i nostri no…” Due palle così! E allora, tanto hanno fatto e tanto hanno detto che alla fine i calciatori sono stati costretti a cantarlo. Si vede chiaramente che alcuni non lo conoscono neppure e in generale lo massacrano, arrivando a cantare anche l’intermezzo potopom-potopom-potopom-pom-pom-pom-pom tra una strofa e l’altra e l’urlo Sììì alla fine del brano. Una vera schifezza. Ma almeno l’amor di patria è salvo. Sai, in un paese fascista…
Ma torniamo alle cose serie, si fa per dire. C’è chi si è infastidito, chi si è davvero arrabbiato per l’uso improprio dell’inno e chi se n’è proprio risentito. “Con il canto degli italiani non si gioca” – ha tuonato Angelo Vaccarezza, PdL, presidente della provincia di Savona; due consiglieri pidiellini della regione Liguria, Plinio e Saso, hanno chiesto all’Authority di prendere provvedimenti, giacché secondo loro lo spot sarebbe “obiettivamente – non soggettivamente (nota mia) – di discutibile gusto, inopportuno e gravemente irriverente”; Romano la Russa, coordinatore provinciale del Pdl a Milano, invece si rivolge direttamente alla ditta Calzedonia intimandole di ritirare “immediatamente la messa in onda di quella pubblicità infame”.
Ovviamente non intervengo su queste dichiarazioni. Certo, penso che questi signori ne avrebbero altre cose di cui schifarsi, se fossero seri. Basterebbe che guardassero all’interno del loro partito-azienda. Ne troverebbero; a bizzeffe ne troverebbero. Ma preferiscono guardare queste cose qua, quindi s’indignano.
Stamattina mi è venuta in mente questa roba mentre stavo chiamando l’appello in II C. Non credo ci fosse alcuna relazione tra lo spot di Calzedonia, l’appello in II C e l’inno nazionale ma fatto sta. Allora ho pensato di chiedere ai miei alunni, intanto se avevano visto la pubblicità del disonore, poi se era loro piaciuta e se avevano qualcosa da dire in merito. Poi ho avuto la folgorazione: Ma a voi, questo inno nazionale piace? E no, perché, diciamolo fuori dai denti: Fratelli d’Italia fa cagare anziché no. No, è proprio brutto, stupido forte. La melodia è una marcetta melensa e le parole, poi… Sicché ho pensato di commentarlo coi miei ragazzi della II C.
Riporto il testo e a seguire i commenti dei miei alunni, che, giuro, sono reali.

Fratelli d'Italia,
L'Italia s'è desta;
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma;
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte!
Siam pronti alla morte;
Italia chiamò.

· Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta. Com’è l’Italia? Seddesta? Chi veni a diri? S’è desta, si è svegliata. Non potevano dire che si era svegliata? Ma è un testo poetico. Un si capisci, provessù.
· Dell’elmo di Scipio. Cos’è l’elmo? Lermo? L’elmo. Ah, provessù, ‘u cappeddu d’i surdati. Brava, il cappello dei soldati. Ma perché era discipio? Di Scipio, maiuscolo e staccato, non discipio. E cu era Scipio? Come, Scipio, Scipione, Scipione l’Africano, il grande condottiero. Chi era nivuru? No, non era nero ma aveva combattuto in Africa, sicché l’hanno chiamato l’Africano. Era bianco. Menu mali. E che c’entra con l’Italia? Come che c’entra? Era di Roma, i tempi degli antichi Romani, li avete studiati, no? Vabbè.
· S’è cinta la testa. Chi si fici? S’è cinta la testa. Che vuol dire? Si piglià ‘a cinta e s’a misi ‘n testa? No, se l’è messo in testa. Soccu? (Cosa?) L’elmo di Scipio. Non potevano dire: e l’elmo di Scipio se l’è messo in testa? Era una poesia, scritta da Goffredo Mameli nell’800 e si sa che le poesie spesso hanno un linguaggio difficile, a volte strano.
· Dov’è la vittoria. Chi? Vittoria. Vittoria chi? Ma perché, la canzone non dice: dov’era Vittoria? No, dice: dov’è la vittoria? Mi pariva. E dov’era la vittoria? A Roma. E chi faciva ‘a vittoria a Roma?
· Le porga la chioma. Cos’è la chioma? ‘I capiddi, provessù. Esatto, i capelli.
· Che schiava di Roma Iddio la creò. Picchi, provessù? Perché cosa? Perché Dio l’ha fatta schiava di Roma? Perché Roma era la più forte di tutte quindi la vittoria era assoggettata a Roma. Mah, nenti si capisci. Ragazzi, dovete considerare il linguaggio poetico, non potete pensare con la mente di oggi, cercate di pensare con la mentalità dell’800. Seee…
· Stringiamci a coorte – dico scandendo le due o. A corte, provessù. Non a corte, a coorte. Chi è ‘sta coorti? Dai, non lo sapete? Era un’unità dell’esercito romano. Ah veru, nnu dissi ‘a provessoressa. Visto che lo sapete? ‘A tartaruca, provessù. Cosa? La testuggine, sceccu. Bravi, la testuggine; i soldati della coorte si mettevano l’uno accanto all’altro, con gli scudi ravvicinati e formavano una corazza, tipo quella delle tartarughe. Così erano praticamente imbattibili.
· Siam pronti alla morte. Chi di voi è pronto alla morte?
Nessuno ha alzato la mano, anzi, ho visto qualcuno dei più grandicelli portarsela – la mano – in zone del corpo ritenute, a torto o a ragione, apotropaiche. Ma come, non siete pronti a morire per l’Italia? Mi si stavano innervosendo. Ho lasciato perdere.

domenica, ottobre 04, 2009

FRANCESCO D’ASSISI



Non ho nessuna – ma proprio nessuna – simpatia per il culto dei santi, che invece Santa Romana Chiesa continua a tenere in vita. Mi sembra un surrogato di fede talmente basso e di scarso spessore, anche morale, che preferisco non commentare. Naturalmente faccio salva la buona fede di tante persone che dal profondo del loro cuore sentono amore vuoi per Padre Pio, vuoi per Rita da Cascia (mia madre tra quelli), vuoi per Antonio da Padova e per tanti altri.
Eppure tra tutti i santi ce n’è uno che mi incanta ed è il vecchio Francesco d’Assisi. Intanto perché mio padre da bambini ce ne parlava e ci leggeva il Cantico delle Creature; mi piacevano da morire le parole strane (mentovare, ennallumini, robustoso) e mi sganasciavo dal ridere al passo che diceva Et ellu è bellu. Parlava agli uccelli, ammansiva lupi, roba mica da ridere, comunque. Poi perché era figlio di Pietro di Bernardone, nome che alle elementari mi faceva scompisciare. Trovo che sia una figura – Francesco non Pietro – talmente moderna da sembrare ormai fuori moda da un pezzo. Mi spiego. Questo tizio, un ragazzo all’epoca, rinunziò a tutto quanto – ed era tanto – quello che possedeva per rifugiarsi tra le braccia di Madonna Povertà. La povertà, quindi, come opzione che diventa stile di vita. In un’epoca – la nostra – dove avere è tutto, un tipo come Francesco è moderno perché è di rottura. Di palle sicuramente. Puntare il dito contro l’accumulo di capitali, che genera ingiustizia sociale e disuguaglianza è di certo una cosa molto scomoda in un tempo in cui il possedere è tutto e pensare agli altri è roba da dame di carità; vestirsi di sacco nel momento in cui lo sfoggio delle vesti migliori è elevato a sistema è certamente di rottura; alzare la voce contro una Chiesa che, esattamente come il mondo, sta dalla parte dei ricchi (benché a parole sia il contrario), oggigiorno sarebbe eversivo.
Ah, se tornasse Francesco!
Beh, se tornasse Francesco verrebbe messo alla gogna mediatica, processato e dichiarato colpevole. Se tornasse Francesco, la sua voce verrebbe soffocata dalle grida scomposte di tanti che hanno i valori cristiani solo per poterli sbandierare in favore di telecamera – che è sempre meglio che metterli in pratica. Se tornasse Francesco verrebbe sospeso a divinis.

***


Altissimu, onnipotente bon Signore,

Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.


Ad Te solo, Altissimo, se konfano,

et nullu homo ène dignu te mentovare.


Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,

spetialmente messor lo frate Sole,

lo qual è iorno, et allumeni noi per lui.

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:

de Te, Altissimo, porta significatione.


Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle:

in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.


Laudato si', mi' Signore, per frate Vento

et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,

per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.


Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua,

la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.


Laudato si', mi Signore, per frate Focu,

per lo quale ennallumini la nocte:

ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.


Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,

la quale ne sustenta et governa,

et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.


Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore

et sostengono infirmitate et tribulatione.


Beati quelli ke 'l sosterranno in pace,

ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.


Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale,

da la quale nullu homo vivente po' skappare:

guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;

beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,

ka la morte secunda no 'l farrà male.


Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate

e serviateli cum grande humilitate..



sabato, ottobre 03, 2009

MINCHIATINA


Giacché attraverso un periodo di blackout, vi sbatto calda calda una bella minchiatina di coq baroque - con tutto il rispetto. (Sì ma cliccate sulla figura sennò non si capisce una bella cippa)

Buon weekend.