domenica, novembre 15, 2009

Petrella: “Le tre bugie indecenti del potere che parla di crisi”

La prima grande indecenza perpetrata dai gruppi sociali dominanti, in particolare dei paesi occidentali, è rappresentata dal fatto che l’impoverimento crescente durante gli ultimi trent’anni di circa tre miliardi di esseri umani non è mai stato considerato un indicatore evidente di «crisi economica mondiale». E’ bastata invece la perdita di valore finanziario di alcune migliaia di miliardi di capitali speculativi per proclamare e dichiarare con grande drammaticità l’esistenza di «una crisi finanziaria ed economica globale gravissima», tanto grave da aver condotto, secondo gli stessi dominanti, il sistema capitalista sull’orlo del baratro.Il fatto che ci siano oggi più di 2,8 miliardi di esseri umani (non piante o automobili) che «si trovano» al disotto della soglia di povertà assoluta (meno di 2 dollari al giorno), che 1,5 miliardi non hanno accesso all’acqua potabile, che 2,6 miliardi non dispongono di servizi sanitari e d’igiene, che 1,7 miliardi vivono in baraccopoli, che da 1,6 a 2,0 miliardi non hanno accesso all’elettricità, che circa 2 miliardi (soprattutto di giovani) non sanno cosa sia un impiego retribuito… tutto ciò non è – a dire dei dirigenti politici, dei manager dei grandi gruppi multinazionali e delle varie Confindustrie nazionali, dei banchieri, e degli economisti di servizio – l’espressione di una crisi economica strutturale del sistema attuale. Lo è, invece, l’esplosione dei disastri provocati da un capitalismo finanziario speculativo fra i quali il «disastro » di aver «bruciato» 24.000 miliardi di $ in titoli finanziari e quindi ridotto la ricchezza finanziaria dei ricchi e le loro orge speculative.Questa violenta mistificazione della realtà è indecente sul piano politico ed etico perché si fonda sul disprezzo profondo reale dimostrato dai gruppi dominanti nei confronti della vita di miliardi di esseri umani e del loro diritto ad una vita decente. La vita dei «poveracci» non è stata né è, al di là delle varie retoriche, la priorità della politica e della tanto venerata «crescita economica». La priorità è stata ed è data all’aumento del valore del capitale finanziario posseduto. Per i dominanti, la caduta di liquidità (la perdita di moneta peraltro speculativa) è più «critica», fa più crisi dell’aumento della fame, della sete, delle malattie, dell’ignoranza, della disoccupazione …La seconda grande indecenza, già perpetrata, è consistita nel fatto che i gruppi dominanti, rei espliciti e confessi della crisi finanziaria ed economica attuale, si sono arrogati spudoratamente il diritto di essere i pensatori ed i comandanti della soluzione della crisi; e lo hanno fatto, aggiungendo scherno e falsità alla spudoratezza, unicamente per salvare i propri interessi e far pagare i costi alle vittime della crisi, in particolare alle popolazioni più impoverite e più vulnerabili. Durante i famosi trent’anni che dal trionfo rapido della globalizzazione capitalista del mercato ha condotto alla crisi attuale, i gruppi dominanti non hanno fatto altro che proclamare gli orrori dell’intervento dello stato nell’economia e i benefici assoluti del mercato, specie dei mercati finanziari, come meccanismo regolatore fondamentale ed efficace dell’allocazione ottimale delle risorse disponibili del pianeta nell’interesse generale. A crisi esplosa, non hanno esitato un istante ad invocare in coro (da Goldman Sachs a Citigroup, da GeneralMotors a Fiat, da Rwe a Hydroquébec, daMerryll Linch a Dexia e Unicredit….) l’intervento dello Stato per «salvare il sistema» (The Economist dixit). Cioè coloro che hanno avuto il potere (anche perché eletti!) di governare lo stato, di smantellarlo, di svendere i beni comuni, di affossare l’interesse generale per privatizzare e mercificare tutto ciò che poteva essere privatizzato e mercificato (promuovendo cosi il sistema capitalista finanziario di mercato universale), questi stessi poteri hanno abusato dello stato, del denaro pubblico, per ridare liquidità monetaria alle loro banche, per rialzare il valore del capitale finanziario delle imprese di cui sono i principali azionisti, e a tal fine hanno creato più di 12.000 miliardi di moneta indebitando, così, il cittadino/contribuente generale per i prossimi 10-15 anni. Il tutto con la pretesa, chiaramente falsa, di difendere il reddito dei risparmiatori e garantire la lotta contro la disoccupazione. Che indecenza, politica ed etica!La terza grande indecenza é in corso. Essa si manifesta con le grandi fandonie che i gruppi dominanti raccontano sul fatto che la crisi finanziaria sarebbe stata risolta e che il sistema, avendo risanato le sue fondazioni, sta ora efficacemente affrontando la soluzione della crisi economica. Da alcuni mesi, i politici, gli economisti di servizio, gli imprenditori «sparlano» di ripresa economica, di strategia di uscita lenta od accelerata dalla crisi, di sintomi incoraggianti che indicherebbero che il salvataggio del sistema è definitivo e che si tratta oramai di una questione di mesi perché l’economia capitalista mondiale ritrovi i livelli di «crescita» (sic!) precedenti la crisi. L’indecenza ha origine nella convinzione che, secondo i criteri dei dominanti, la «loro» crisi è in via di soluzione come dimostra il ritorno alla pratica dei bonus strepitosi, al «business as usual» per quanto riguarda i paradisi fiscali, le società di notazione, le società di revisione dei conti, la libertà dei movimenti di capitali, le facilitazioni fiscali alle imprese, la risalita delle transazioni finanziarie per mezzo dei fondi d’investimento (hedge funds compresi) e dei mercati dei derivati. E’ vero, i dominanti sono riusciti ad imporre, senza vergogna, e a fare accettare dal popolo l’idea che il salvataggio dei loro interessi particolari di potenza e di ricchezza rappresenta la salvezza del sistema e degli interessi di tutti. Una beffa terribile nei confronti dei due miliardi di senza lavoro retribuito e del miliardo di persone con lavoro precario e reddito reale in diminuzione (su più di quattro miliardi di popolazione in età attiva).Quanto sopra mostra che l’indecenza politica ed etica dei dominanti non ha limiti. Essa è assimilabile ad un comportamento criminale. Contro tale indecenza, i cittadini hanno il diritto ed il dovere di rivoltarsi per costruire una società giusta e rispettosa del diritto alla vita per tutti. Verrà un giorno, mi auguro, in cui la giustizia dell’umanità saprà ridare diritto al diritto alla vita.

di Riccardo Petrella

[Fonte: il manifesto]

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