Se c’è un concerto che ricorderò per sempre e mai dimenticherò – che poi è la stessa cosa – è il concerto che gli Inti Illimani tennero a Girgenti il 21 luglio del 1977. Ma io non ci sono andato! Ricordo bene la data perché è quella del mio compleanno, facevo quindici anni; avevo una voglia matta di andarci ma mio padre non mi mandò perché aveva paura potesse succedere qualcosa di spiacevole.
E come dargli torto, poverino, era il ’77. In Italia stava succedendo di tutto; c’erano le rivolte studentesche che imperversavano ma anche il terrorismo che purtroppo faceva vittime a mai finire. C’era davvero un diffuso clima di paura. Anche a Girgenti, città storicamente impermeabile a qualunque novità, c’erano venticelli di rivolta. Dove altrove c’è un uragano, a Girgenti c’è un venticello. Gli studenti si organizzavano, scendevano in piazza, contestavano, si scazzottavano, eccetera.
Sullo sfondo di tutto ciò si udivano delle canzoni in spagnolo, dalle musiche strane, fatte con flauti, tamburi e chitarrine, cantate da voci limpide m

Che dire, gli Inti Illimani mi piacevano da morire. Avrei voluto conoscerli e dire loro quanto li ammiravo, soprattutto per quella storia dell’esilio. Anche se io non potevo dirmi di sinistra, anzi, questi qua mi facevano tremare. E non solo per la musica e i canti ma anche per la loro storia. Ricordo che l’anno prima, nel ’76, ci fu la Coppa Davis in cui l’Italia di Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli arrivò in finale e l’ultima fase si sarebbe dovuta giocare contro il Cile, proprio a casa loro. E lì ci fu un dibattito molto duro ma anche molto interessante sul boicottaggio dell’evento. La sinistra sosteneva che non si sarebbe dovuto andare perché andando si sarebbe, in qualche modo, legittimata la dittatura di Pinochet, mentre tutti gli altri sostanzialmente dicevano “chi se ne frega della dittatura, lo sport non c’entra niente con la politica, andiamo, per di più è quasi sicuro che portiamo a casa la coppa”. Ovviamente si andò e si portò a casa la coppa. Ricordo delle manifestazioni a Porta di Ponte, di quelli che sostenevano il boicottaggio.
E in generale non passava giorno in cui non capitava qualcosa di grave. Non avevo la precisa cognizione di cosa stesse succedendo nel nostro Paese ma avevo la certezza che ci trovavamo in un periodo piuttosto movimentato. In questo turbolento contesto storico si inserì il rifiuto di mio padre a mandarmi al concerto degli Inti Illimani. Soffrii molto, davvero avrei voluto andarci. A quel concerto non successe nulla. Seppi poi che tutto era filato liscio e non c’era stato nulla di anormale. Ma davvero, a distanza di trent

Quest’estate sono passato dal Cile. All’aeroporto di Calama, una piccola città del nord, vicino a San Pedro de Atacama, su uno stand del duty free ho visto un CD. Era Viva Chile degli Inti Illimani. L’avrei comprato anche se fosse costato una fortuna. La mia felicità ve la può raccontare solo Roberta, mia moglie. Chiedete a lei.
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