sabato, marzo 20, 2010

DELICIOUS AND REFRESHING


È ufficiale: a me piace la pubblicità. Negli anni ‘90 me ne appassionai al punto di iscrivermi in Tecnica Pubblicitaria all’Università di Palermo. Dopo un anno piuttosto impegnativo di frequenza – già lavoravo nella scuola e andare a Palermo almeno due volte alla settimana non era semplice – e alcuni esami passati, per vari motivi purtroppo lasciai gli studi. Mia sorella non me l’ha mai perdonato. E neanch’io.
Ecco perché dopo aver parlato dello spot dell’Eni e del suo gran rispetto per i popoli del mondo, e di quello di Banca Intesa Sanpaolo, che non vede l’ora di prestare soldi agli italiani, purché di buona volontà, adesso è ora di parlare dell’ultimo spot della Coca Cola, bell’esempio di pubblicità intelligente, che coniuga storia e fantasia. Il video si divide in tre quadri: il primo è ambientato nel 1886, anno in cui il Dr. John Pemberton di Atlanta, Georgia, scopre la ricetta della Coca Cola; immagini color seppia, vecchi tram americani e una storia, vera, narrata sullo sfondo. Il secondo quadro è degli anni ’60, o giù di lì, del Novecento. Racconta di una mamma di Roma che porta in tavola la Coca Cola, tra la gioia dei figli e lo stupore dei nonni e scopre così la formula della felicità. Però! Infine, il terzo, più melenso, momento è ambientato ai giorni nostri e sostiene che la ricetta della felicità continua e tutti possono scoprirla in tavola ogni giorno.
Si sa, la Coca Cola Company spende sempre molti soldi in pubblicità, del resto è da sempre impegnata nell’accreditarsi come la bibita più buona e vincere l’eterna rivalità con la Pepsi. Spende tanto, dicevo, forse farebbe bene anche a spendere qualcosina nel miglioramento etico delle sue politiche aziendali. Che fanno veramente schifo. Innanzitutto, la ricetta della Coca Cola – non quella della felicità – non è mai stata resa pubblica, anzi hanno fatto della segretezza un tratto distintivo. Ma per legge, mica per babbìo, ogni prodotto alimentare deve rendere noti gli ingredienti di cui è composto. Nella lattina della Coca Cola, o nella bitorzoluta bottiglia, c’è un generico “aromi naturali” che vuol dire tutto e niente. Il fatto che non si voglia rendere pubblica la ricetta della bevanda, induce molti perdigiorno a credere che ci possano essere delle sostanze che provochino dipendenza, oltre che felicità. A questo proposito ricordiamo che la magica Coca Cola è fatta con le foglie di coca – la stessa pianta che gli indios delle Ande masticano per farsi passare i malesseri da altura ma da cui si ricava anche quella interessante polverina che si sniffa allegramente tra amici – ed estratti di cola, un’altra pianta. Da qui si spiega l’uso e l’abuso di Coca Cola nel mondo. Ma sono solo ipotesi, ovviamente.
Ma non finisce qui. In California, terra di bagnini e di felicità, si è scoperto che le lattine sono contaminate col piombo, usato in particolare nelle vernici della gloriosa colorazione bianco-rossa e che le norme igieniche al momento dell’imbottigliamento sono una chimera. Si racconta di una bottiglia in cui fu rinvenuta una lucertola.
In India, la Coca Cola, oltre ad aver dispensato felicità a strafottere, ha anche sfruttato l’ambiente consumando più di un milione e mezzo di litri d’acqua al giorno, minando, di conseguenza, la stabilità e la qualità della vita di intere comunità. Le quali si sono ritrovate senza più acqua potabile, però ebbre di felicità. La High Court di Kerala ha chiesto alla Coca Cola di limitare il consumo di acqua, ma la compagnia graziosamente si è appellata.
Ma il capolavoro della Coca Cola Company è certamente la politica adottata in Colombia – ma anche in India, Guatemala, Zimbabwe e persino Stati Uniti. L’azienda produttrice di bibite gassate e felicità è considerata responsabile di comportamenti criminali e serie ripetute violazioni dei diritti umani. Il tutto allo scopo di mantenere la loro posizione di monopolio sul mercato. Obiettivi di dette violazioni sono stati dipendenti e soprattutto sindacalisti. In Colombia, attivisti del sindacato SINALTRAINAL hanno subito decine di rapimenti, minacce di morte e torture. Altri sono stati semplicemente uccisi. Esatto, alla vigilia della riapertura di tavoli di trattativa con la Coca Cola Company, alcuni sindacalisti hanno trovato la formula della felicità. Eterna.
Quei cialtroni di Amnesty International sostengono cha la Colombia non sia esattamente l’eden per i sindacalisti e che la Coca Cola conduce le sue campagne repressive contando sull’aiuto di fidati amici, i gradevoli corpi paramilitari ai quali è stato – chissà perché – appioppato il nomignolo di “squadroni della morte”. Forse “truppe della felicità” andava meglio, no? Peraltro, nel 2004 la New York City Fact-finding Delegation on Coca Cola ha provato le accuse a carico dell’azienda di Atlanta. La Coca Cola, dunque, aveva ingaggiato mercenari per rapire e massacrare i sindacalisti colombiani. I quali sono morti prima di conoscere la formula della felicità.

3 commenti:

fabio ha detto...

Sia detto "en passant" che la coca cola è anche la responsabile del vestitino rosso di babbo natale che prima della necessità pubblicitaria del gigante di atlanta era.... verde.

Alberto (l'inferiöre) ha detto...

Caro omonimo ma superiöre... chi si aspettava che mi toccasse fare l'avvocato del diavolo?
Se leggi la relativa voce su wikipedia , riguardo la ricetta vedrai che le cose sono meno "tragiche" di quanto si pensi.
Quanto alla dicitura "aromi naturali",la becchi nella lista degli ingredienti della quasi totalità di prodotti alimentari.
Nulla da eccepire sulle critiche al comportamento della società: purtroppo è prassi comune di tutte le multinazionali.
Mi prono dinanzi alla tua superiörità

m.ang. ha detto...

Post rubato e condiviso. Potevo?
saluti
m.ang