martedì, gennaio 06, 2009

VINNI L’ACQUA



Sì, perché quello dell’acqua è sempre stato ed è il problema più grande della nostra città. Non che sia l’unico, sia chiaro, ma certo è il più grave. Riuscite a pensare a una città dove non ci sia l’aria? E una dove non ci sia la luce? Scommetto di no. E una dove non ci sia l’acqua? Neppure, eh? E invece no, quella c’è, si chiama Girgenti – o come molti dicono, Agrigento – ed è una città dell’Italia meridionale. Una città invasa da turisti per un lungo tratto dell’anno; fa parte dell’Europa e c'è nato un grande scrittore; è una città dove si usa l’euro, gli uomini e le donne alla mattina vanno a lavorare e i ragazzi a scuola; i treni e i pullman arrivano e ripartono; c’è la luce, il gas e il telefono; qualcuno conosce l’inglese ecc… ecc… Quindi è apparentemente una città normale.
Eppure è una città da sempre alle prese con questa grottesca situazione della mancanza dell’acqua, tema caro ai suoi politici che l’hanno sempre usato come ariete nelle campagne elettorali: “Entro un anno avrete l’acqua tutti i giorni, potrete aprire i vostri rubinetti senza più problemi”. Sì, perché a Girgenti è impensabile poter aprire il rubinetto in maniera normale: il rubinetto va aperto a filo. Se penso a quanti ci hanno promesso di portarci l’acqua nel corso di questi decenni, a quanti ci hanno detto che di lì a qualche mese non avremmo più avuto questo problema, io li ringrazio perché non l’hanno fatto perché a quest’ora saremmo costretti a camminare per strada con la maschera e il boccaglio per quanta acqua ci sarebbe.
Ora, fermo restando il fatto che spesso c’è la siccità, che a volte non piove per anni e tutte ‘ste manfrine, ma davvero in questi decenni non è stato possibile portare l’acqua in questa città? Davvero il nostro destino è quello di rimanere tappati in casa ad aspettare l’acqua come si aspetta un parente che arriva dall’America; ad aspettare il turno di distribuzione perché si possa fare una doccia, dare una pulitina alla casa, fare il bucato, tirare allegramente lo sciacquone, annaffiare le piante?
Perché, a Girgenti bisogna stare in casa ad aspettare l’acqua? E certo. I turni di distribuzione vanno dai tre-quattro fino ai dieci-quindici giorni nei periodi particolarmente disgraziati, soprattutto quelli estivi. Perché tra l’altro la minchiata è proprio questa: che quando hai più bisogno dell’acqua, proprio allora ne arriva meno. Per cui, il giorno in cui ti tocca la distribuzione dell’acqua, devi restare a casa.
Chi dà l’acqua a Girgenti? Immagino dipenda dall’ineffabile ufficio idrico del Comune ma operativamente il datore d’acqua era, ed è, il fontaniere. Ogni tanto, passando per le vie, si vede un uomo con un attrezzo di ferro a forma di T in mano, intento a svitare qualcosa dentro un buco nell’asfalto, dal quale era stato rimosso un minuscolo tombino rotondo. Quello è il fontaniere, croce e delizia dalle massaia, colui dal quale dipende la storia immediata della famiglia agrigentino. Quando il fontaniere svita, viene l’acqua; quando avvita, l’acqua finisce.
Allora, adesso vi racconto cosa accade in una famiglia di Girgenti nel periodo tra una venuta d’acqua e un’altra. E che nessuno pensi che io stia facendo dell’umorismo. Intanto partiamo, appunto, dal momento in cui l’acqua arriva e si riempiono i recipienti sul tetto del palazzo o delle case antiche del centro storico. Chiunque viene a Girgenti potrà notare infatti che su tutti i tetti vi sono i recipienti blu per l’acqua – e qualcuno ha ancora quelli di eternit, ormai da anni fuori legge. Allora, dicevo, arriva l’acqua e la famiglia è in subbuglio: ci si lava, si lava la casa, si riempiono i bidoni, si fanno le scorte, si azionano le lavatrici e infine si riempiono le vasche da bagno. Alla fine della giornata si vede chiaramente che quella è stata una giornata particolare per quella famiglia.
Dopodichè ricomincia l’attesa, che potrebbe essere anche piuttosto lunga, nella quale ovviamente sono vietati sprazzi di alcun genere. È impossibile, ad esempio, lavare la frutta sotto il getto dell’acqua; è vietato lavarsi al mattino con la scocca (il getto) d’acqua aperta; ma soprattutto è proibito usare lo sciacquone: quello è uno spauracchio, guai ad azionarlo senza una vera ragione e non aggiungo altro.
Man mano che i giorni passano, quindi, le scorte cominciano a finire; il nervosismo, soprattutto delle madri di famiglia, comincia a farsi solido. Viene, pertanto, istituita la legge marziale e il riciclaggio dell’acqua. Cioè, se lavi la frutta devi far andare l’acqua nella bagnera (bacinella), nella quale poi saranno lavati i piatti e la stessa acqua andrà a finire nel cato (secchio) per poi essere gettata nel gabinetto. Oppure, al mattino ti lavi mani e faccia in una bacinella e con la stessa acqua ti puoi lavare i piedi o ti puoi fare un ricco bidé ma poi ricordati di versarla in un altro cato e poi ovviamente nel gabinetto, la destinazione ultima. Nelle case di Girgenti vi è sempre una vasta gamma di oggetti di moplen: bacinelle, catini, tinozze, secchi. Il cannolo (che oltre ad essere il delizioso dolce, è anche il nome siciliano del rubinetto) deve essere aperto solo quando è strettamente necessario e sempre facendo scorrere l’acqua a filo.
Sapete quella canzone di Giorgio Gaber, quella in cui lui a un certo punto dice: “Quasi quasi mi faccio uno shampoo”? Ebbene, quella non l’ha scritta sicuramente a Girgenti. Sì perché noi lo shampoo lo dobbiamo preventivare con congruo anticipo. Intanto è meglio farlo quando viene l’acqua. Se, dopo qualche giorno, sulla testa senti dei formicolii – capita – e pensi che sia il caso di farti uno shampoo, devi innanzitutto vedere se non si consuma troppa acqua e poi agire nel modo seguente: riempire una pentola d’acqua, riscaldarla (più la riscaldi, meno acqua ti serve, meglio è), stemperarla con acqua fredda dentro una bacinella, fare lo shampoo. L’acqua sporca va per il bagno, se rimane acqua pulita, ‘u Signori t’u renni, il Signore te ne renda merito.
Più i giorni passano e più la situazione si fa drammatica. Ogni tanto qualcuno telefona all’ufficio idrico e viene rassicurato che l’acqua domani-massimo-dopodomani arriva. Lo dico per inciso, se esistesse un campionato o una coppacampioni per le bugie, l’ufficio idrico del comune di Girgenti sarebbe il Real Madrid. Ma l’acqua naturalmente non arriva e magari si è già alla prima settimana senza. Il marito o qualcuno dei figli, allora, va alla fontana a riempire qualche bidoncino per sopperire alle necessità più impellenti, almeno lavarsi il viso al mattino. In famiglia la tensione si taglia col coltello e a questo punto la madre si seppellisce in casa con la seguente motivazione: forse oggi viene l’acqua. E difatti, metti che l’acqua arriva e non ci si trova in casa, si è praticamente perso un pacco di tempo prezioso. Ma nonostante la clausura l’acqua non viene lo stesso e si è magari al decimo giorno. Con la mamma non ci si può più parlare per il nervoso. Ormai in famiglia si mangiano solo pizzette, sfincioni e miscate (pizza a taglio e pezzi di rosticceria) in piatti di plastica. Improvvisamente si ode l’atteso rumore, uno sfiato dal cannolo principale. I cannoli vengono aperti senza ritegno e… un solo grido: l’acqua, vinni l’acqua! Torna il sorriso nella casa di Girgenti, si fanno tutte le pulizie di rito e il ciclo ricomincia.
Nella casa in cui abitavamo quando ero bambino, in cucina avevamo un rubinetto particolare, quello che funzionava solo quando veniva l’acqua. In tutti gli altri giorni era muto, potevi aprirlo quanto volevi, tutt’al più veniva fuori uno spiffero d’aria. Questo cannolo era usato per riempire le bottiglie di acqua potabile. Infatti il vano sotto il lavello era pieno di bottiglie, che a poco a poco si svuotavano e perciò dovevamo anche bere con una certa moderazione e vi assicuro che soprattutto d’estate – e qui l’estate è bella calduccia – non è affatto una bella cosa. Poi si disse che l’acqua del cannolo non era più buona da bere e si cominciò a comprare l’acqua imbottigliata, per cui almeno questo problema fu risolto.
Quando l’acqua delle scorte finiva, bisognava andare a riempire le taniche, che noi abbiamo sempre chiamato bidoni o bidoncini, alla fontana, perlopiù alla fontanella di Bonamorone, di cui vi parlerò in seguito.
Qualcuno dice che si sta parlando troppo di ‘sto fatto dell’acqua a Girgenti – in tv, nei giornali – e che soprattutto non se ne dovrebbe tanto parlare a livello nazionale, visto che la cosa pregiudicherebbe l’immagine della nostra città. Dicono che i panni sporchi si lavano in casa. Sì, ma quando viene l’acqua.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Beh, vi assicuro che per chi, come me, vive al nord, a volte è davvero difficile (nonchè imbarazzante/mortificante) dover spiegare agli amici come mai ad Agrigento manchi l'acqua e perchè non si sia ancora riusciti a risolvere il problema... anche perchè, a pensarci, a volte non me lo spiego neanche io...