sabato, dicembre 13, 2008

IL PORCO


Vi racconto una cosa. Anzi, due. Sono due episodi accaduti qualche anno fa nella nostra città, cose che apparentemente sembrano del tutto distanti l’una dall’altra, anche nel tempo, ma nelle quali io trovo un punto di contatto oltre che uno spunto di riflessione. Ecco la prima. Nel novembre del 2002, è scoppiato il caso dei rom del rione di Santa Croce. Ovvero, nella degradata zona dell’antico quartiere del Rabato, nel centro storico di Girgenti, risiedevano alcune famiglie di zingari che, a detta, degli abitanti della zona, portavano sporcizia e lerciume di varia natura. Degrado che veniva di peso addebitato a loro. Un premuroso consigliere comunale di Alleanza Nazionale, residente nella zona, promosse, pertanto, una bella raccolta di firme, ma di quelle come dio comanda, per rendere esecutiva la richiesta degli abitanti della zona. Quella, cioè, di espellere i rom dal quartiere e ricacciarli al campo nomadi di Contrada Gasena, fuori Girgenti, che il nostro solerte amministratore sosteneva esser stata costruita con grande profusione di fondi pubblici e che lui considerava una specie di Beverly Hills ma che in realtà era una squallidissima bidonville. Praticamente i veri problemi della nostra città non erano (e sono) come qualche sprovveduto può pensare, la disoccupazione, che costringe i giovani ad andar via a ritmi da anni sessanta, o la pessima amministrazione della cosa pubblica, che fa della nostra una città costantemente agli ultimi posti nelle graduatorie del benessere (l’ultima qualche giorno fa), o ancora la mancanza d’acqua, che ci mortifica agli occhi di tutta la nazione. No! Il vero problema di Girgenti era la presenza di un gruppo di etnia rom nel quartiere di Santa Croce. Le televisioni cittadine diedero abbastanza spazio all’accaduto anche se in tutto ciò mi colpì il solito assordante silenzio della città, totalmente indifferente di fronte a quello che stava avvenendo dentro le sue mura e in generale indifferente a tutto ciò che normalmente accade nel resto dell’ecumene.
Ma, al di là dello stile di vita dei rom, brutti sporchi e cattivi, qual era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della pazienza dei santacrociani (ammesso si dica così) e del loro masaniello? Gli zingari avevano scannato un porco! Probabilmente stavano festeggiando qualcosa, non so, magari un momento rituale o una festa tradizionale o una celebrazione che si ripeteva da un sacco di tempo o una ricorrenza o era semplicemente un momento di aggregazione e di incontro della comunità o checcazzonesò. Fatto sta che le immagini televisive del povero maiale morto stecchito, sdraiato su un’asse di legno con un nugolo di mosche svolazzanti e un manipolo di bambini vocianti tutt’attorno, quasi giustificarono l’ira del tribuno consigliere e dei suoi vicini di casa. Si tirarono fuori motivi di igiene e di pubblica sicurezza ma una cosa era certa: il maiale non si ammazza. Fuori i rom da Santa Croce!
La cosa si protrasse per un paio di mesi, finché l’assessore alla sanità, anch’egli di Alleanza Nazionale, e anch’egli zelante e scrupoloso, fece periziare dall’ASL le abitazioni dei rom – solo quelle dei rom – le quali furono dichiarate inagibili. Per cui gli zingari, con grande soddisfazione dei residenti, del consigliere, dell’assessore e di tutta Alleanza Nazionale, furono costretti ad andar fuori dalle loro case, delle quali, questo lo sottolineerei, venivano regolarmente pagati affitti e utenze. Solo qualcuno cercò di trovare una soluzione alla cosa proponendo di discuterne con chi normalmente di zingari si occupava (la Caritas e qualche associazione di volontariato). Si scrissero delle lettere ai giornali, si fece anche passare un ordine del giorno al Consiglio Comunale, che fu discusso, sindaco assente, per ragionare e magari trovare una soluzione alla questione, ma non ci fu niente da fare. Nel febbraio del 2003 gli zingari sono stati cacciati fuori dalle loro case con la forza (della legge, ovviamente). Non si sa che fine abbiano fatto, dove siano andati, ma l’importante è che abbia vinto la civiltà.
Tempo fa sono andato a Santa Croce, e ho visto in che stato versa quel quartiere dopo la riconquista: tutto è esattamente come prima, se non peggio, nulla è cambiato, a dimostrazione, qualora ce ne fosse stato bisogno, che il degrado del luogo non era affatto causato dagli zingari. Di quell’episodio resta solo una scritta ormai sbiadita a vernice spray fatta dai giovani di Alleanza Nazionale: Il Rabato è libero – Agrigento è nostra.
Il secondo fatto riguarda la bella iniziativa che un insigne studioso di Pirandello, il professor Enzo Lauretta, ha realizzato nel 2004, mi pare. Egli ha cercato, devo dire con un qualche meritato successo, di riprendere (forse è più giusto dire riesumare) la vecchia Sagra del Signore della Nave. Era una festa, questa, che si svolgeva in Girgenti, narrata da Pirandello in una bella novella da cui trasse uno splendido atto unico per il teatro. Dico splendido perché in esso si ritrova tutto il senso e lo spirito della comunità in festa, della celebrazione corale, che come spesso capita dalle nostre parti, ha aspetti sia religiosi che pagani. La festa si svolgeva nella chiesa di San Nicola, nella splendida Valle dei Templi, fino alla fine degli anni ’40 del secolo scorso o giù di lì – i miei genitori ne hanno dei vaghi ricordi –, intorno allo splendido crocifisso ligneo tuttora conservato all’interno della chiesa e che va sotto il nome di Signore della Nave. Vi era una celebrazione religiosa e una processione molto sentita. Ma, ahimè, la festa, forse a causa degli orrori della guerra o chissà per quale altro motivo, fu dimenticata dagli agrigentini.
E come dicevo, questa festa consta anche di una componente, diciamo così, pagana, il lato più godereccio dell’evento, la cosiddetta sagra del Veni mangia, veni vivi, che ruota intorno a un momento decisivo: l’uccisione del maiale. Sissignore, si scanna il porco. Come gli zingari a Santa Croce. Ad onor del vero, nella riproposizione del Lauretta non si è visto il momento cruciale dell’ammazzatina del maiale, ma sono convinto che nessuno avrebbe avuto nulla da ridire qualora ci fosse stata. Infatti nessuno ha avuto nulla da ridire quando il povero suino è apparso sulla tavola del buffet sotto forma di succulente salsicce, a testimonianza del fatto che la bestia era stata veramente ammazzata. Esattamente come avevano fatto i rom di Santa Croce.
Che per questo sono stati allontanati dalla città.

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